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Negrar di Valpolicella

COMUNE

Il comune di Negrar, a 15 km da Verona, comprende le frazioni di Arbizzano, Fane, Mazzano, Montecchio, Prun, San Peretto, San Vito, Santa Maria, Torne e altre località minori. Si estende nella Valpolicella orientale, confinando con i Monti Lessini a nord. Negrar è una importante via di comunicazione tra la bassa Valpolicella e l'alta Lessinia occidentale. Presenza umana documentata con "castellieri" preistorici.

Il comune di Negrar dista circa 15 kilometri dalla città di Verona e comprende le frazioni di Arbizzano, Fane, Mazzano, Montecchio, Prun, San Peretto, San Vito, Santa Maria, Torne e varie località minori. Il suo territorio si estende nella parte più orientale della Valpolicella e si unisce a nord con i Monti Lessini. Il paese di Negrar è sempre stato un'importante via di comunicazione tra la zona bassa della Valpolicella e l'alta Lessinia occidentale. La presenza dell'uomo è attestata fin dalla preistoria, con i numerosi “castellieri”, villaggi fortificati d'altura risalenti all'età del rame e del bronzo.

Nella località Novare, si trova Villa Mosconi Bertani. La villa fu costruita nel primo Settecento, su commissione dell'allora proprietario Gaetano Fattori, che cedette la villa ai Mosconi nel 1759. Il salone centrale ha un soffitto molto alto, che comprende entrambi i piani della villa ed è decorato con numerosi affreschi allegorici. Tutto attorno è presente un ampio vigneto.

Una Villa Romana è stata rinvenuta nel podere Le Tre Corteselle, in località Villa di Negrar. Nel 1922 furono trovati alcuni frammenti di pavimentazione, che permisero di individuare quattro ambienti, tre dei quali aperti su un portico a nord. Nel 1987, durante alcuni lavori agricoli, furono rinvenuti ancora i resti di una pavimentazione a mosaico del III secolo. Alcuni reperti sono oggi conservati presso i Musei Civici di Verona.

Il giardino Poiega di Villa Guerrieri Rizzardi fu realizzato tra il 1783 e il 1796, su progetto dell'architetto Luigi Tezza, commissionato dal conte Antonio Rizzardi. Il giardino è strutturato da tre percorsi paralleli, che si uniscono in un viale di cipressi, culminanti nel Belvedere. Nel giardino troviamo anche un boschetto con un Tempio circolare, il Ninfeo, il Giardino segreto, il Laghetto ovale, il Parterre e il Teatro verde. Durante la stagione estiva, il Teatro verde è sede di spettacoli. I diversi percorsi, sono animati da statue con soggetti mitologici.

La Chiesa di San Marco al Pozzo, un tempo intitolata a Santo Stefano, è stata modificata molte volte, tra il XII e il XVIII. La facciata a campana ha uno stile romanico ed è costruita in tufo e pietra di Prun. Al suo interno si trovano alcuni affreschi, databili tra il XII e il XV secolo, e due tele, un “San Marco Evangelista” del primo Seicento e una “Pietà” della prima metà del Settecento. L'apertura al pubblico è assicurata dal comune di Negrar, previa prenotazione.

Nella frazione di Prun, si trovano delle cave a cielo aperto o scavate in galleria, con cunicoli e grotte. La lavorazione è stata abbandonata introno agli anni Cinquanta e oggi costituiscono un luogo di grande suggestione. L'utilizzazione più antica della “Pietra di Prun” o “Pietra della Lessinia” risale all'età del ferro ed è legata alla costruzione dei castellieri, delle capanne saldamente recintata, costruiti sulle dorsali dei Monti Lessini.

Al confine col comune di Negrar, il comune di Sant'Anna d'Alfaedo ospita il famoso Ponte di Veja, il più imponente e maestoso monumento geologico dell'intera Lessinia. Si tratta di un gigantesco arco naturale, formatosi grazie all'evoluzione di un'originaria caverna carsica, detta “covolo”. Secondo le ipotesi più accreditate, il Ponte costituiva l'ingresso di una grotta, sopra la quale scorreva una torrente, che formava una cascata. Molto lentamente, l'acqua sarebbe entrata nella caverna, scavandone la parte interne e lasciando solo il grande arco di pietra rosso ammonitico. Il cedimento risalirebbe a circa 100 mila anni fa. Ai lati della base del ponte, si trovano due grotte abitate in epoca preistorica. I reperti rinvenuti all'interno risalgono al Paleolitico e sono oggi conservati nel Museo Paleontologico e Preistorico di Sant'Anna d'Alfaedo. Il sito è profondamente legato alla cultura italiana: secondo la tradizione, Dante Alighieri vi ha tratto ispirazione per l'ottavo cerchio dell'Inferno ed è stato rappresentato anche negli affreschi della Camera degli Sposi in Palazzo Ducale a Mantova di Andrea Mantegna. L'area, su suolo pubblico, è percorribile attraverso alcuni sentieri tracciati ed è da considerarsi metà diurna perché mancano delle luminarie.

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