Villa del Bene
UN TUFFO NELLA STORIA
Villa Del Bene a Volargne di Dolcé è molto più di una semplice residenza privata; è un affascinante testimonianza storica che racconta i cambiamenti fisici, architettonici e artistici determinati dai mutamenti dei gusti, dalle vicende familiari e dalle strategie di ascesa sociale. Questa villa incarna una complessa storia economica, architettonica, politica e religiosa che ha continuamente ridisegnato gli spazi e i ruoli del complesso tra il XV e il XVI secolo.
Come un registratore silenzioso, Villa Del Bene ha intercettato nel corso del tempo il flusso discontinuo degli eventi, situata strategicamente lungo la Val d'Adige e la via Tridentina, che collegava Verona al Tirolo. Quasi allo spartiacque fra due o più mondi - quello nordico, quello veneto-veneziano e quello padano - la villa si trova su un'antica via romana, la Claudia Augusta, poi divenuta Tridentina, e si erge a pochi passi dalla via dell'Adige.
La Villa subì le prime modifiche nel Quattrocento con l'aggiunta del portico e della loggia, seguite da ulteriori interventi nel Cinquecento e nella seconda metà del 1700 grazie all'influenza di Benedetto Del Bene, che conferirono all'edificio l'aspetto attuale.
Superando il portale cinquecentesco, attribuito all'architetto e urbanista Michele Sanmicheli, si entra nel primo cortile, noto come "domenicale" secondo le antiche denominazioni settecentesche, che concede accesso alla parte nobile e più antica della villa. Successivamente, si incontra il cortile del pozzo, il fulcro spaziale della villa, e infine un parco al posto del settecentesco cortile delle legne.
L'apparato pittorico di Villa Del Bene è arricchito dalle storie dell'Apocalisse nella sala centrale, mentre nelle tre stanze laterali sono rappresentate altre storie dell'Antico e del Nuovo Testamento. Nella loggia, invece, si sviluppa una complessa trama di soggetti pagani ed ermetici.
Nella sala dell'Apocalisse emerge il sigillo della funzione di rappresentanza pubblica che la stessa sala deteneva. Sopra la porta, è dipinta una figura alata che regge il corno dogale, un omaggio insolito alla Serenissima all'interno della casa di un nobile di terraferma. Un altro riferimento "politico" si può osservare nel riquadro raffigurante l'Assedio a Gerusalemme, in cui i nemici di Dio sono rappresentati come guerrieri turchi, con turbante e scimitarra, chiaramente un'allusione alla guerra veneto-turca.
La paternità dei dipinti, sebbene non del tutto chiara, viene attribuita a Domenico Brusasorzi e ai fratelli Giovan Francesco e Giovanni Caroto. La cappella privata, invece, ospita sei ovali dipinti con uno stile rapido e leggero tipico dei pittori rococò.
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